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24 Novembre 2011Mostra del tessile a Martina Franca
27 Novembre 2011Nell’ambito del 64° Congresso Nazionale di Intercultura tenutosi a Firenze presso il Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio in Piazza della Signoria è stata presentata la ricerca nazionale commissionata dalla Fondazione Intercultura e coordinata da Alberto Fornasari, docente dell’ateneo barese e concittadino martinese.
La ricerca è stata condotta oltre che da Fornasari anche dalla prof.ssa Maria Chiara Spotti dell’Università Cattolica di Milano e da Francesco Schino, Antropologo dell’Ateneo barese.
– A chi è rivolto il testo?
È indirizzato a studenti universitari, docenti e chiunque si interessi di scuola, integrazione, educazione, politiche educative e racchiude una corposa ricerca sperimentale nel settore dell’educazione interculturale.
– Perché la ricerca pedagogica sia italiana che straniera, associazioni e centri culturali si stanno soffermando molto in questi ultimi anni sul settore dell’educazione interculturale?
Le ragioni di tale scelta sono evidenti: il ritrovarsi in un mondo dove la circolazione di cose, idee, di uomini, diviene sempre più fitta e la possibilità di rapidi spostamenti sempre più diffusa porta ad avere una serie di contatti molto ampi e differenziati con le persone di culture diverse fra loro.
E l’interculturalità non è un atteggiamento spontaneo; anzi spontaneo è il timore del diverso. Essa è invece qualcosa da costruire e sostenere sulla base di conoscenze e di convinzioni sociali, etiche, pedagogiche, politiche approfondite, attraverso analisi rigorose e un bel delineato impegno progettuale.La Fondazione Intercultura è l’istituzione che , forse più tempestivamente, ha cercato di attrezzarsi nei confronti di queste tematiche riflettendo sulle finalità e sulle modalità per conseguirle, considerando e aggiornando le competenze dei suoi operatori
– Perché frequentemente, nella vita quotidiana scolastica, la presenza di alunni stranieri è avvertita come un problema.?
Si va dal disagio per una novità non prevista alla preoccupazione nei confronti di possibili rallentamenti e/o inadeguatezze nelle attività d’insegnamento a vere e proprie insofferenze nei confronti di una diversità non conosciuta, accettata e compresa. A questi stati d’animo concorre una certa pubblicistica che tratta della presenza di stranieri (non solo immigrati) in chiave emergenziale e si interessa di tali questioni quando questi innescano delle difficoltà a livello relazionale e sociale e/o didattico.
– Ed allora, la Sua ricerca si è posta in controtendenza?
La ricerca proposta si è mossa in controtendenza proprio perché ha inteso essere un contributo per chiarire alcune questioni in merito. Tra l’altro ha accertato non solo difficoltà e problemi, ma anche opportunità ed ha riconosciuto le esperienze positive d’insegnamento/apprendimento, le “best practise” vissute da e con alunni stranieri (che frequentano per un anno le scuole italiane attraverso gli scambi di Intercultura) che sono in corso di realizzazione e che vale la pena valorizzare e diffondere. La presenza di alunni stranieri, le loro “carriere” scolastiche, i loro successi e i loro fallimenti dovrebbero essere assunti come momenti di verifica delle effettive capacità della scuola di agire in termini multi e interculturali.
– Cosa si intende per “successo scolastico” e cosa è l’esito scolastico?
Esito positivo e successo scolastico non hanno lo stesso significato perché con il termine esito positivo si vuole indicare il raggiungimento di livelli ritenuti basilari , con la seconda espressione si vogliono individuare risultati apprenditivi di alto profilo.
– Perché quella relativa alle procedure valutative adottate dagli insegnanti è considerata una questione strettamente connessa al successo scolastico ?
In questi ultimi decenni gli studi docimologici hanno rafforzato la necessità della funzione valutativa senza la quale ogni iniziativa risulta destrutturata e ridotta a intervento occasionale e asistematico. In effetti la valutazione si colloca tra le componenti dei processi di formazione e apprendimento che forse più delle altre ha prodotto discussioni e polemiche. Un certo uso selettivo della valutazione è stato giustamente criticato. Oggi si è lontani dalla valutazione intesa come misurazione e controllo per assumerla come responsabilizzazione e orientamento nelle sue dimensioni pedagogiche e educative.
– La dimensione pedagogica della valutazione, oltre ad essere funzionale alla progressiva coscientizzazione del soggetto che apprende, permette allo stesso insegnate di riscontrare la validità della propria presenza educativa, di appurare l’incidenza delle proprie scelte metodologiche e didattiche.
Le regioni campione della ricerca sono state per il Sud la Puglia e per il Nord l’Emilia Romagna; campione della ricerca 328 studenti .
– Quale è “ la scuola del successo per tutti “ ?
“La scuola del successo per tutti è quella che vuole creare in classe le condizioni che rendano possibile , a ciascun alunno, di avere successo nei processi di apprendimento;tuttavia ciò che le varie rilevazioni OCSE-PISA o INVALSI non misurano è il sentimento di noia e di disinteresse per certe discipline che sono le stesse sottoposte ad analisi .
Sarebbe auspicabile riprendere le lezioni di alcuni grandi pedagogisti (Dewey, Montessori, Freinet) le cui lezioni sono tutt’altro che superate e che potrebbero essere così riassunte: quando gli allievi sono coinvolti in attività mirate, riflettono, pongono domande, identificano i problemi e fanno emergere altri problemi,ai quali l’insegnante non aveva pensato, questa è la scuola del successo”.
Teresa Gentile