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30 Gennaio 2013“Dal 2010 non sono più in Kenya”, lo dice alzando lo sguardo Padre Marino Gemma, ricordando subito la sua esperienza a Nairobi.
Lui è un Missionario della Consolata, cresciuto nella parrocchia di San Francesco di Assisi di Martina Franca. Ha 48 anni ed è sacerdote dal 1995. “Mi ha ordinato Mons. Benigno Papa nella mia parrocchia di Martina”, tiene a ricordare orgogliosamente. Ha la faccia del “prete operaio”, quello a cui piace rimboccarsi le maniche e lavorare. Il suo clergyman (la camicia con il colletto bianco dei sacerdoti, ndr) sembra quasi stargli stretto al pensiero degli anni vissuti tra la miseria e la povertà delle baraccopoli di Nairobi.
“Si studia molto per fare il missionario” ci ha detto Padre Marino che ha dovuto imparare anche lingue diverse dalla sua per fare la sua “professione”, tra cui un improbabile kiswahili che sarebbe la lingua nazionale della Tanzania, fino al 1990 anno in cui viene destinato, prima nel nord del Kenya, e solo nel 2001 nella capitale Nairobi, in una parrocchia di oltre 7 mila anime.
“È il 2001 l’anno della svolta, Nairobi è stata molto per me. Oltre alla parrocchia mi sono dedicato molto alla cura delle famiglie delle baraccopoli, abbiamo realizzato un asilo, una scuola di taglio e cucito, un dispensario (ambulatorio) e il centro polifunzionale dedicato a Fabio Capriglia, con un salone che funge anche da cappella”.
In contesti di quel tipo diventa tutto più difficile, perché la povertà sembra essere più forte di tutto, quando ci si rende conto che la sopravvivenza diventa faticosa nella sua essenzialità dei bisogni. “Nostro compito- dice Padre Marino – diventava quindi quello di garantire i servizi minimi indispensabili alla sopravvivenza: un pasto caldo, bagni e docce, senza parlare dei grandi sforzi per realizzare una rete idrica collegata all’acquedotto”.
Le baraccopoli sono un assemblamento più o meno vasto di baracche e casupole in lamiere di acciaio zincato se va bene, se va male anche in cartone. “Si vive ammassati l’uno accanto all’altro divisi da un ruscello che attraversa tutto il corso del villaggio: non è acqua, ma la fogna a cielo aperto. Il compito di noi missionari è quello di restituire dignità all’esistenza di questa gente attraverso un connubio innanzitutto con la comunità locale e in secondo luogo anche con gli aiuti che possono provenire dall’estero”.
E a Nairobi gli aiuti dall’estero sono arrivati da Martina Franca attraverso la parrocchia di San Francesco prima e poi con l’Associazione “La nostra Africa”. L’Associazione – dice Padre Marino – “nacque nel 2005 al ritorno da una missione di alcuni volontari della parrocchia di San Francesco, i quali avevano avviato rapporti di sinergia e solidarietà tra Martina Franca e Nairobi”.
Accanto a Padre Marino c’è Don Martino Costantini: “La cosa che su tutte colpisce è il grande sbandamento che vivono i giovani adolescenti. Fu proprio per queste ragioni che con Padre Marino, assieme a Maria Teresa Izzinosa, ci nacque in mente il grande sogno di un centro per ragazzi di strada, che poi abbiamo realizzato a Nairobi e intitolato a Franco Semeraro, parrocchiano di San Francesco e storico capo scout, prematuramente scomparso”.
Padre Marino aveva un grande desiderio, quello di costruire un centro di accoglienza per i ragazzi di strada: “ce l’abbiamo fatta con l’inaugurazione del 19 aprile del 2008, alla presenza del cardinale John Njue che a marzo dell’anno successivo è venuto a Martina a testimoniare il grato riconoscimento per l’opera realizzata”.
Il Kenya si estende su un territorio ampio oltre 3 volte il territorio italiano e vive situazioni di estrema povertà, si vive principalmente di turismo e agricoltura e si mangia polenta, fagioli e riso, quasi mai la carne. “Il mio impegno è sempre stato quello di sposare i bisogni del povero con le possibilità del ricco, di coinvolgere le persone, fare coesistere persone di ceti sociali differenti e soprattutto di fare sentire tutti fratelli”.
Tre sono i pilastri della vita di Padre Marino: lavorare con la gente; perché lavorando con gente si dona molto e si riceve molto di più; e il terzo è la collaborazione solidale, come quella nata con la parrocchia di San Francesco d’Assisi a Martina Franca”.
o.cri.