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E sarà davvero un gran finale quello che il cartellone della rassegna proporrà al pubblico, all’insegna della comicità. Sul palco del Teatro Comunale (sipario alle 21), irromperà Dino Paradiso, tra i cabarettisti più noti, divertenti, talentuosi ed originali della scena italiana, con il suo show “Ma io sono lucano”.
Dopo aver incantato la giuria di “Tu si Que Vales” e gli spettatori delle più importanti trasmissioni televisive dedicate alla comicità, da Colorado a “Made in Sud”, Paradiso, vincitore dell’edizione 2013 del Festival del Cabaret “Città di Martina Franca”, torna al “live”, una dimensione che da sempre valorizza il meglio delle sue qualità artistiche.
Dino Paradiso, nasce in Basilicata a Matera nel 1979. Studia e si laurea in scienze politiche a Bari. La sua formazione è avvenuta “sul campo”, cioè per strada. Il suo cabaret è infatti frutto dello studio dei personaggi che si incontrano quotidianamente sotto casa, in banca, al bar. Nel 2006 dopo aver iniziato a girare per le piazze in spettacoli di Paese, perfeziona lo studio del teatro comico frequentando la scuola di teatro comico “Comic Lab”, diretta dalla grande Serena Dandini. Qui la svolta. Il cabaret diventa fonte di riflessione più raffinata e permette al comico Dino Paradiso di esprimersi sui temi attuali con riflessioni profonde e che fanno pensare. “Quando faccio una battuta punto al silenzio che la segue – dice – E’ un ruolo impegnato quello del cabarettista, che prende una posizione e si esprime liberamente”.
“Dino Paradiso – si legge nella nota di presentazione dello spettacolo – è la parte indigena, verace, tradizionalista, conservatrice ma al tempo stesso all’avanguardia della comicità umana. Dino è aristocratico nel suo dialetto e nelle sue espressioni. Dino è il crogiuolo di comportamenti e quotidiana routine. Dino è in ognuno di noi, con i suoi rapporti familiari, con le frustrazioni dei vicini di casa, con l’attaccamento alle proprie radici. Dino trasforma il carattere pacato della “lucanità” in una lentezza invidiabile al punto da diventare l’aspetto più ilare delle sue interpretazioni”.